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Perché il corpo si muove quando viene cremato?

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Come funziona un forno crematorio e come riesce a ridurre in “cenere” il corpo del defunto
La cremazione è una pratica funeraria dalle radici antichissime, che può contare oggi sull’aiuto di alcune tecnologie per convertire il corpo del defunto in cenere. Ma come funziona un forno crematorio? E che regole bisogna rispettare in Italia per disperdere le ceneri funerarie?

Come funziona un forno crematorio e come riesce a ridurre in “cenere” il corpo del defunto

Un forno crematorio è uno strumento utile per ridurre in cenere i corpi dei defunti, sia esseri umani che animali. La pratica di ridurre in cenere i defunti prende il nome di cremazione, ed è composta da più fasi. In questo articolo vediamo cosa avviene durante la cremazione, come funziona un forno e che regole si devono rispettare in Italia per la dispersione delle ceneri.

L’origine della cremazione
La cremazione è una tradizione molto antica: pensate che in Australia sono stati ritrovati i resti di una donna cremata risalenti a più di 25 mila anni fa. Ed è ancora oggi una pratica molto diffusa, specialmente nelle culture asiatiche. Alla base di questo rito c’è la credenza che il fuoco abbia una funzione purificatrice, favorendo quindi il passaggio verso l’aldilà.


Urna funeraria risalente alla prima età del ferro, XI–IX sec a.C.
La cremazione è un’opzione, se vogliamo, anche più pratica rispetto alla sepoltura tradizionale, perché permette di racchiudere i resti in una piccola urna o, in alternativa, di disperderli secondo le volontà del defunto (rispettando però alcune regole come vedremo più avanti).

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Come avviene la cremazione
La prima fase è quella della preparazione del corpo. Come avviene anche nella sepoltura normale, il defunto viene spogliato di tutti quei beni che si preferisce conservare – come ad esempio anelli od orecchini – e vestito per l’occasione. Vengono rimossi in questa fase anche eventuali pacemaker o apparecchi acustici, per evitare che possano “scoppiare” all’interno del forno. Il corpo viene poi posizionato in una bara in legno grezzo – quindi non trattato con vernici o materiali chimici – o direttamente in un apposito contenitore. Si usa mettere all’interno della bara anche una targhetta riconoscitiva (resistente al fuoco) in modo tale da non confondere i resti con quelli di un altro cremato. Fatto questo la bara, con dentro il corpo, è pronta per entrare nel forno crematorio.

La bara con la salma fa il suo ingresso nel forno tramite delle guide metalliche, che la posizionano nella parte superiore del forno. Il forno crematorio è infatti solitamente diviso in due camere sovrapposte, separate l’una dall’altra da una griglia di materiale refrattario. Un materiale refrattario è, per definizione, un materiale capace di resistere per lungo tempo a temperature elevate, senza reagire chimicamente con gli altri materiali con i quali si trova in contatto. Un esempio è la malta refrattaria – composta da argilla, calcio e altri additivi – oppure gli ossidi di alluminio. La combustione all’interno può avvenire con diversi sistemi, come ad esempio l’arroventamento delle pareti per mezzo di resistenze elettriche o gas, oppure per fiamma diretta.

Raffigurazione di un forno crematorio con sistema di ventilazione e aspirazione
Le temperature che si raggiungono sono all’incirca di 800-1000 gradi Celsius. Per alimentare le fiamme, un sistema di ventilazione immette continuamente aria e quindi l’ossigeno necessario per la combustione. Mano a mano che bruciano, i resti cadono progressivamente nella parte inferiore del forno, dove avviene l’ultima parte della combustione. Oltre al sistema di ventilazione ce n’è anche uno di aspirazione, che rimuove i gas tossici e li espelle al di fuori. Negli impianti di nuova generazione sono ovviamente presenti dei filtri, che riducono – ma non eliminano del tutto – l’impatto ambientale dei forni crematori. Dopo circa un paio d’ore, l’operatore spinge i resti verso una zona di raffreddamento e da lì vengono raccolti e posti su un setaccio a vibrazione, che elimina le polveri più fini. Con una calamita invece si separa il materiale metallico, derivante ad esempio dai chiodi della bara o da eventuali protesi. I resti vengono infine passati in uno strumento per la polverizzazione, noto tra gli addetti ai lavori come cremulator. Il risultato di quest’ultima fase sono delle polveri dall’aspetto omogeneo, di colore grigio/bianco. Le chiamiamo ceneri funerarie ma sono molto diverse dalle ceneri tradizionali che siamo abituati a vedere. Questo perché i resti sono a tutti gli effetti ossa frantumate, sminuzzate fino a formare una specie di polvere, più pastosa rispetto alle ceneri prodotte dalla combustione vegetale ad esempio. Pensate che, al termine di tutto il processo, questi resti peseranno appena il 3,5% del peso originale del corpo. Mediamente, quindi, un cadavere produce circa 2,4 kg di “cenere”, con un peso leggermente più elevato nei maschi.

La dispersione delle ceneri in Italia
Ultimato tutto il processo, i resti della salma vengono consegnati ai familiari all’interno di un’urna sigillata, che possono quindi procedere con la commemorazione. Riguardo la dispersione delle ceneri, la legislazione italiana è abbastanza severa in materia: innanzitutto dice che bisogna rispettare, nei limiti del possibile, le ultime volontà del deceduto. È permesso disperdere le ceneri all’aperto, come ad esempio in mare (a patto di trovarci a più di 100 metri dalla costa e lontano dai bagnanti), in un bosco, in montagna o in campagna. È possibile farlo in un’area privata (dopo aver ricevuto l’autorizzazione), oppure in degli spazi riservati all’interno degli stessi cimiteri. È invece tassativamente vietata la dispersione all’interno dei centri urbani. È anche possibile conservare l’urna in casa, purché vi sia riportato il nome della persona defunta. Dove la legge italiana è invece ancora piuttosto carente è sul controllo delle emissioni dei forni crematori. La pratica della cremazione – dove non controllata – potrebbe rilasciare nell’aria le sostanze nocive tipiche delle combustioni. Ad oggi in Italia non esiste una norma unitaria che disciplini l’installazione degli impianti di cremazione; spetta infatti a ogni Regione o Provincia stabilire dei limiti specifici, sulla base della localizzazione dell’impianto e della tecnologia utilizzata.

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